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Il viaggio comincia in aeroporto

L’aeroporto di Siem Reap regala una prima pennellata di quell’Oriente come lo conosciamo nel nostro immaginario: piccolo, in stile locale, accogliente e caotico, circondato dalle palme, rappresenta il primo passo verso un Paese che ha mantenuto la sua identità e la sua vivacità  malgrado i momenti bui che ne hanno contraddistinto la storia.

Monaco Siem Reap (foto Alberto Gagliardo)

Il visto turistico della durata di 30 giorni può essere richiesto, oltre che online prima della partenza (www.evisa.gov.kh), anche direttamente all’arrivo all’aeroporto internazionale presentando due foto tessera e pagando circa 30 dollari. L’aeroporto si trova vicino al centro città  – circa 7 chilometri – e nel piazzale antistante sono a disposizione taxi e tuk tuk che per pochi dollari conducono direttamente a destinazione.

Già, i tuk tuk… Specchio di un mondo che va scomparendo, ancora presenti in molte località dell’Estremo Oriente, sono comunque un mezzo di trasporto utile e ideale su brevi percorsi in alternativa al classico taxi o alla bicicletta, poichè permettono un’immersione totale nella realtà circostante e, perché no, contribuiscono a sostenere tante economie familiari.

Tuk tuk in attesa davanti all’hotel Le Royal, Phnom Penh (Foto Tommaso Chiesa)

Uno: tutto il fascino dei templi

Siem Reap, coni viali alberati e le reminescenze coloniali francesi, è un bel modo di cominciare il viaggio. Anche non volendoci soggiornare, merita sicuramente una visita il Grand Hotel d’Angkor della catena Raffles, inaugurato nel 1929 e avvolto da un’atmosfera coloniale che ha fatto la gioia di tanti personaggi celebri. Siem Reap è anche la tappa obbligata per partire alla scoperta dei templi del periodo khmer, ma merita comunque una visita di per sé, per osservare le facciate dei vecchi negozi francesi, passeggiare lungo il fiume, fare compere al mercato serale di Angkor o semplicemente concedersi una birra nelle numerose birrerie all’aperto.

La visita dei templi va pianificata con cura, meglio se con l’ausilio di una guida, in quanto i templi di Angkor sono numerosi e si sono sviluppati nel periodo d’oro dell’arte khmer,  dall’800 al 1400 circa.

A meno che non si abbiano diversi giorni a disposizione, occorre fare una selezione, abbinando a quelli più famosi – Angkor Wat, Ta Prohm, Angkor Thom con il Bayon – qualche monumento minore, come il Banteay Srei da associare alla visita del vicino Museo delle mine antiuomo, a circa 25 chilometri da Siem Reap.

(Alberto Gagliardo)

Tempio Bayon (Alberto Gagliardo)

In generale, a eccezione di Angkor Wat restaurato nel 1500 per essere utilizzato come santuario buddhista, i templi di Angkor sono rimasti per secoli preda della giungla, inghiottiti progressivamente dalla vegetazione e sgretolati dall’umidità e dagli agenti esterni. Ma proprio in questo risiede il loro fascino particolare, che cala il visitatore nei panni di un moderno indiana Jones.

Prima di cominciare, è necessario sapere che, oltre al classico biglietto giornaliero, esiste la possibilità di acquistare un nuovo  pass valido tre giorni o una settimana, che può essere utilizzato anche non consecutivamente ma entro la settimana (pass di tre giorni) o entro il mese (pass settimanale) e che dà diritto ad accedere a tutti i principali monumenti di Angkor situati nella zona di Siem Reap.

La visita può cominciare da Angkor Thom, città fortificata costruita per volere del grande re Jayavarman VII intorno al 1190. Angkor Thom si sviluppa intorno al  Bayon, una struttura con le guglie ornate da 216 grandi volti che ricordano quello del sovrano.  Andrebbe visitato al mattino in quanto orientato a est.

Visita da non perdere per: i voti scolpiti nella pietra; i bassorilievi, il Baphuon.

Angkor Wat è il capolavoro più celebrato dell’arte khmer, costruito intorno a 1150 in onore della divinità induista di Visnu. Si tratta di un tempio-montagna, edificato nel mezzo di un fossato per simboleggiare la montagna sacra della religione indù (il monte Meru) e presenta anche templi a galleria con bassorilievi. Essendo rivolto a ovest, il momento più bello per visitarlo è al tramonto.

(Foto Lorenzo Chiesa)

Angkor Wat (Foto Lorenzo Chiesa)

Visita da non perdere per: l’effetto spettacolare dell’edificio religioso, da molti considerato il più grande al mondo

Il Ta Prohm è forse quello che ho amato di più: lontano dalla calca, avvolto dalla giungla, questo tempio costruito dal 1186 dà veramente l’impressione di trovarsi nel cuore di un’avventura da film. Per scoprire questo gioiello dedicato alla famiglia reale, in particolare alla madre del re, occorre inoltrarsi fra gallerie sorrette dalle radici e arrampicarsi fra le pietre della struttura, sempre scortati da un nugolo di ragazzini pronti a fare da guida e a scambiare qualche parola in uno stentato inglese.

Visita da non perdere per: l’intrico della vegetazione; l’esperienza suggestiva che ricorda i romanzi d’avventura.

(Foto Alberto Gagliardo)

Tempio Banteay (Foto Alberto Gagliardo)

Nei dintorni di Angkor, la visita al Banteay Srei, tempio indù consacrato a Shiva, può essere abbinata a una sosta al vicino museo delle mine antiuomo, che fa luce su un altro aspetto della storia del Paese.

Museo mine antiuomo (Foto Tommaso Chiesa)

Il tempio è stato realizzato in pietra rosata e malgrado le ridotte dimensioni conserva alcuni rilievi su pietra di grande bellezza.

Visita da non perdere per: la raffinatezza dei bassorilievi; la possibilità di abbinare la visita al museo delle mine antiuomo.