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Il modo migliore per arrivare in Cambogia è quello di atterrare all’aeroporto di Siem Reap. Thai Airways con scalo a Bangkok, Singapore Airlines con scalo a Singapore o Cathay Pacific con scalo a Hong Kong  garantiscono ottime connessioni e consentono dopo circa 14 ore totali di entrare in Cambogia da una porta “alternativa” a quella di Phom Penh, evitando il disagio del doppio scalo di chi sceglie le compagnie mediorientali e cominciando subito il viaggio in questo Paese magico.

Magico davvero, perché la Cambogia, a differenza di altri vicini più conosciuti come la Thailandia, incarna ancora l’Oriente come ce lo prefiguriamo nell’immaginario collettivo: distese di risaie dove contadini dal cappello a cono lavorano sui carri trainati da buoi, templi suggestivi divorati dalla giungla, mercati dove si vende di tutto, città dalle quali ancora traspare l’affascinante passato coloniale. Il tutto confortati dall’estrema sicurezza di una destinazione dove la popolazione ancora nutre sincera curiosità nei confronti del visitatore occidentale e dove la scarsità di mezzi economici è mitigata da una natura generosa e da una fede che vede la stragrande maggioranza della popolazione, oltre il 90%, praticare il buddhismo theravada, religione che induce alla pace e alla serenità interiore.

Monaci buddhisti (foto Tommaso Chiesa)

La Cambogia è tutto questo e molto, molto di più e un viaggio a sé per visitare questo Paese non è sicuramente sufficiente per apprezzarne tutte le  caratteristiche. Per questo il reportage si concentrerà su tre dei suoi aspetti più affascinanti – quelli che ho avuto modo di sperimentare dal vivo durante un viaggio itinerante – legati ai templi del periodo khmer, alla tradizione e alla natura fra  villaggi su palafitta e mercati, al mare e al fascino coloniale di Phnom Penh, dove peraltro accostarsi anche a una pagina terribile e relativamente recente della storia del Paese legata alla dittatura di Pol Pot.

Street market (Foto Alberto Gagliardo)

Templi, natura, etnie e città: un’avventura per tutti

Innanzitutto, quando partire. Se è vero che il periodo migliore per visitare il Paese è in dicembre e gennaio, con un basso tasso di umidità e temperature gradevoli, va detto che nemmeno la stagione umida – corrispondente alla nostra estate – è da scartare in quanto le piogge sono forti ma di breve durata e la vegetazione è lussureggiante.

Campagne intorno ad Angkor (Foto Lorenzo Chiesa)

Il meteo è comunque imprevedibile: ho visitato la Cambogia in agosto e il clima era caldo ma comunque piacevole, con scarsità di piogge.

Il periodo di viaggio può inoltre tenere conto delle principali feste cambogiane, come il Capodanno Khmer in aprile, la cerimonia dell’aratura reale, che all’inizio di maggio inaugura la coltivazione del riso o la festa di Buddha, che si tiene fra maggio e giugno e che viene celebrata ad Angkor Wat con la processione dei monaci a lume di candela.

Pagoda di Angkor (Foto Alberto Gagliardo)

Una volta pianificato il viaggio, le tappe non devono essere troppo serrate, per poter vivere con calma la destinazione, entrando in contatto con la popolazione locale e partecipando a qualche attività caratteristica del luogo. In questo senso è indispensabile la consulenza di un tour operator specializzato come Asiatica Travel (vedi box), in grado di consigliare l’itinerario migliore in base alle preferenze.