Una viaggiatrice fuori dal coro
Dopo i racconti degli agenti di viaggio e di chi la ferrovia la conosce in ogni suo aspetto, non poteva mancare il contributo di chi, dopo tante attese e rimandi, sale sul Trenino Rosso per la prima volta.
Erica Bragastini ha indugiato a lungo prima di concedersi il suo viaggio ma l’attesa è stata ben ricompensata. «Ne sentivo parlare da sempre, tanti amici e conoscenti entusiasti ma io non avevo mai avuto l’occasione di sperimentarlo – racconta – così questa estate ho deciso che non poteva più scappare e ho trascinato la mia famiglia con me».
L’atmosfera del Trenino Rosso si respira già da Tirano, dove prende il via il viaggio della ferrovia. «Quello che inizialmente mi ha sorpreso è stato il tragitto, attraverso il centro abitato, a ridosso delle case. Appena usciti dal centro, un nuovo stupore: una distesa di coltivazioni, mirtilli, lamponi e more a perdita d’occhio. Poi si arriva al famoso viadotto elicoidale di Brusio, una costruzione pazzesca, necessaria per superare la pendenza e iniziare a risalire la montagna».
L’entusiasmo cresce chilometro dopo chilometro, fino ad arrivare al Lago di Poschiavo, «dove la fermata Miralago dà una vista sulla Valtellina mozzafiato – aggiunge Erica -. Si sale ancora e i boschi lasciano il posto ai pascoli di alta montagna, si vedono escursionisti ovunque. Arrivati al Passo del Bernina, si inizia la discesa fino ad arrivare a Saint Moritz.
E’ stata un’esperienza al di sopra delle nostre aspettative, le foto scattate non rendono la bellezza dei posti visti. Noi abbiamo fatto andata e ritorno senza soste ma la cosa ideale sarebbe fermarsi e fare qualche tappa per respirare meglio l’atmosfera che varia da una fermata all’altra».
Tanti i pregi al punto che Erica non riesce neanche ad elencarli tutti, «l’originalità dei vagoni, il perfetto mantenimento dell’orario per l’intera durata del viaggio costituiscono il clou dello stesso, ma il panorama affascinante e coinvolgente, distrae l’attenzione del passeggero che si spoglia dell’abito del pendolare per farsi rapire da tutto ciò che vede e percepisce, dimenticandosi per un paio d’ore “la ferrovia”».