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La cittadella di Hue

Hue è stata l’ultima capitale del Vietnam feudale, fino a circa l’anno Mille. Da allora e per otto secoli la capitale è stata trasferita a Thang Long, come a quel tempo si chiamava Hanoi. Ma nel 1802 la dinastia Nguyen la riportò a Hue. La sua massiccia Cittadella e la Città Proibita, protette dalla ottocentesca maestosa porta di Ngo Mon, sono un esempio dell’architettura imperiale, sito del Patrimonio UNESCO dal 1993.

Lo straordinario complesso, edificato nell’arco quasi un millennio in base ai principi del Feng Shui, risente di influenze induiste e buddiste ma anche occidentali, tra romanico, gotico e neogotico. A Hue si visitano i mausolei di sette dei re della dinastia Nguyen, anche i tre di Minh Mang, Tu Duc, Khai Dinh. E poi i due palazzi Thai Hoa e Dai Trieu Nghi, sedi delle grandi cerimonie imperiali; il ponte di Trang Tien e il bel mercato di Dong Ba, pieno di profumi e di colori, dove si gusta l’ottimo street food vietnamita. Poco più a Sud il Tempio degli Antenati della dinastia Nguyen, e a pochi chilometri sulla collina di Ha Khe la pagoda di Thien Mu si specchia sul Fiume dei Profumi in un paesaggio lussureggiante. Nei dintorni il villaggio di pesca di Lang Co, per fare un bagno e andare a pesca di calamari nei fondali della bellissima e spiaggia. E il ponte di Trang Tien sul fiume Huong Giang, dove nelle notti d’estate la gente intona sulle barche antiche melodie vietnamite. Infine a pochi chilometri il monte Ngu Binh, dal quale si gode la vista dell’intero complesso di Hue.

L’antica Hội An

È un sito Unesco anche l’antica città di Hội An, dove una volta al mese nelle notti di luna piena si spengono tutte le luci, e la gente fa volare in cielo migliaia di lanterne luminose fatte in casa. Nella provincia di Quang Nam la ‘città delle lanterne’, nota un tempo ai mercanti europei con il nome di Faifo, è un bel borgo di mare coperto di verde e bougnaville sulla foce del fiume Thu Bon, dove è nata come villaggio di pesca su un’area di 30 ettari.

L’Unesco la definisce un esempio straordinariamente conservato di piccolo porto commerciale, attivo dal 1400 al 1800, importante base di scambi tra il Sudest asiatico e il resto del mondo. Il declino commerciale, alla fine dell’800, ne ha di fatto conservato quasi intatta la struttura urbana: un mix elegantemente integrato di influenze cinesi, giapponesi e occidentali, soprattutto olandesi: oltre un migliaio di antichi e bassi edifici in legno, pagode pubbliche e private, monumenti scolpiti e intarsiati nei motivi tradizionali. La città si distende lungo il fiume affollato di giunche in un reticolo di vicoli pedonali a scacchiera. La tradizione culturale di Hội An rimane sempre viva nelle diverse comunità che tutt’ora la abitano e commerciano intorno al porto, non manca una vivace vita notturna, e per il mare ci sono anche le belle spiagge di Cua Dai e An Bang, con il  mare limpido e per gustare frutti di mare e pesce fresco a buon prezzo. Da non mancare, magari con un giro in bicicletta, il bel ponte giapponese; il villaggio dei carpentieri Kim Bong; quello dei fiori Cam Ha; e Than Ha, quello della ceramica; e l’antica Casa Comune di Fujian. Infine qui si gusta l’ottima cucina del Vietnam centrale: dalle profumate tagliatelle Mi Quang con gamberi o carne al Che, la zuppa dolce tradizionale, al pane della Signora Phuong, a quanto pare il più buono del Vietnam.

Il santuario di My Son

My Son, a circa 70 chilometrid a Danang, è l’imponente luogo di culto e capitale politica dei sovrani dell’antico regno induista di Champa, fiorito nel Vietnam centro meridionale per settecento anni, tra i secoli VII e XV D.C.. Una stele del IV secolo a MySon narra la fondazione del tempio dedicato a Shiva Bhadreshvara, voluto dal re Bhadravarman. Il regno raggiunse il massimo splendore intorno all’anno Mille, quando la dinastia Indrapura adottò il Buddismo Mahayana e ne fece la religione ufficiale.

Alla fine del 1400  nuove influenze islamiche si riversarono su My Son, aggiungendo ancora nuovi tratti architettonici alla piccola città edificata in pietra e mattoni – nulla è rimasto delle prime costruzioni in legno – su un altopiano circondato dai monti, fiancheggiato dal corso del fiume Thu Bon. Tutto contribuisce al fascino suggestivo e un po’ misterioso del luogo, tra le grandi torri avvolte dal verde tropicale che simboleggiano la grandezza e la purezza del Monte Meru, mitica dimora degli dei Hindu e centro dell’Universo. Vi si visitano 11 gruppi di monumenti, che gli storici hanno classificato in sei stili diversi.

Il complesso di My Son, purtroppo gravemente danneggiato dalle bombe americane tra gli anni ’60 e ’70, rimane una delle più importanti testimonianze della cultura Indu nel mondo,  paragonato a luoghi come Borobudur a Giava, Bagan in Myanmar, Angkor Wat in Cambogia.

La dmc Asiatica, specializzata da oltre 20 anni nell’accoglienza per il pubblico italiano, combina questi luoghi e gli altri del Patrimonio Unesco nei suoi itinerari, costruiti su misura per ogni preferenza. Abbinando in chiusura anche qualche giorno di relax al mare: ad esempio a Phu Quoc, a Nha Trang e Mui Ne, per un’esperienza di viaggio culturalmente appagante e al tempo stesso rilassante.

Asiatica Travel

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