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L’Arco Charm Minar a Hyderabad

 

Arriviamo a Hyderabad da Delhi con un volo Air India di due ore. L’aeroporto dista un’ora di pullman dalla città. All’Hotel Plaza, gestito dall’ente del turismo del Telangana, ci accolgono con una collana di fiori, molti sorrisi e con il ristorante aperto anche se è mezzanotte passata. Per gli indiani l’ospite è sacro e la loro ospitalità non è a tempo. Dopo poche ore di sonno siamo pronti a partire alle 7 del mattino successivo, per raggiungere, dopo 150 chilometri attraverso il tipico paesaggio locale, fatto di risaie e coltivazioni di cotone, Nagarjunasagar, località situata nella valle del fiume Krishna, prima destinazione da visitare nel corso del nostro itinerario.

Le risaie

Il Buddha sull’isola

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Statua del Buddha a Nagarjunkonda

Non lontano da qui si trova Nagarjunkonda, l’isola che si è formata come effetto dell’invaso creatosi dalla costruzione di una grande diga, che conserva importanti monumenti buddhisti e un piccolo museo nel quale sono custodite le reliquie del Buddha e altri oggetti antichi collocati qui per salvarli dall’innalzamento del livello dell’acqua provocato dalla costruzione della diga. Vi si accede prendendo un traghetto dall’imbarcadero costruito non lontano dall’albergo, l’Haritha Vijay Vihar, che ci ospiterà per la notte. Il rientro è al tramonto, con le acque calme del lago che si tingono di infinite sfumature di rosso.

Il parco del Buddha

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Buddhavanan

Il mattino successivo una pioggia insistente ci accompagna per tutta la visita al cantiere del nuovo parco dedicato al Buddha, il Sriparvatarama Buddhavanam a Nagarjunasagar.

Con un investimento di tre milioni di dollari il Ministero del Turismo del Telangana e il governo nazionale hanno promosso la costruzione di un parco di 120 ettari nel quale troveranno posto le ricostruzioni degli edifici più rappresentativi dell’architettura buddhista, un centro per la meditazione aperto a tutti, percorsi in mezzo alla natura, un campo da golf, un centro congressi, ristoranti e alberghi. Un’opera certamente unica nel suo genere che una volta completata, ne sono convinti i promotori, attirerà un gran numero di turisti provenienti da tutto il mondo ed in particolare dal Sud Est Asiatico.

Il tè sotto la pioggia

Stupa di Nellakondapally

La pioggia ci segue fino a Nellakondapally, dove i giornalisti locali con taccuini e macchine fotografiche ci hanno preceduto in auto e con motociclette che riportano la scritta Press dipinta sul serbatoio. Sarà una costante del viaggio: la stampa locale sarà ad attenderci in tutti i siti buddhisti che visiteremo. Ma ad accoglierci ci sono anche le autorità del posto, che hanno organizzato un tè di benvenuto vicino a quello che resta di uno stupa imponente costruito in mattoni rossi. Il cielo è grigio e i colori dei sari delle donne e delle ragazzine che ci circondano e ci scrutano con curiosità sono ancora più accesi.

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i colori delle donne a Nellakondapally

La montagna del serpente

Dopo lo stupa di campagna ci aspetta quello di Phanigiri, in montagna. E’ quasi il tramonto, noi siamo tramortiti dalla stanchezza per la lunga giornata e i tanti chilometri, ma i nostri accompagnatori sono indiani determinati. Nessuna deroga al programma, che a quel punto prevede la salita su una collina di granito nero dalla forma inquietante di un enorme serpente acciambellato che spunta dai campi, come un meteorite precipitato dal cielo milioni di anni fa. Sulla sommità della collina gli archeologi hanno portato alla luce uno stupa enorme con due sale absidali all’interno, un monastero e all’esterno due grandi orme lasciate, sostiene la tradizione, proprio da Buddha.  Abbiamo appena il tempo per ammirare il panorama della campagna sottostante prima del buio. Scendiamo da Phanigiri illuminando i nostri passi con la torcia degli smartphone.

Intermezzo indù: il Tempio delle Mille Colonne

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Il tempio indù delle Mille Colonne

A Warangal, capitale dell’impero dei Kakatiya, signori dell’Andra Pradesh dalla fine del XII all’inizio del XIV secolo, si trova un imponente tempio induista che la storia recente ha riportato nell’attuale territorio del Telangana e per questo rientra nel nostro tour che sta per concludersi.

I Kakatiya, di religione indù, erano grandi costruttori e promotori dell’arte e della letteratura telugu. Il Tempio delle Mille Colonne, dedicato a Shiva, Vishnu e Surya, fu costruito nel 1163 ed è la massima rappresentazione dello stile architettonico della dinastia. Si cammina nel parco che conserva templi dalle colonne ornate di bassorilievi e una maestosa statua in granito nero che rappresenta Nandi, il toro cavalcato da Shiva. Pochi i turisti stranieri in questo luogo antico e i visitatori indiani ci guardano con stupore, meravigliati che da lontano qualcuno possa essere arrivato fin qua. Qualcuno di loro osa e ci chiede un selfie che non possiamo negare. Noi abbiamo modo di riflettere sulla natura del turismo culturale, che anche se dedicato ad un tema specifico finisce col portarti in terre dove la storia, nella sua straordinaria varietà di epoche e cultura, ha affiancato monumenti che hanno in comune solo la straordinaria bellezza, ma che proprio per questo sono il segno di come il dialogo, la tolleranza e la convivenza pacifica abbiano saputo anche in passato conservare questi tesori per le generazioni successive.

Lo stupa delle risaie

A Badankurthy si arriva da Warangal dopo aver percorso quasi duecento chilometri di strada interrotti da alcune brevi soste per visitare alcuni piccoli siti buddhisti a Kotilingala e Dharmarmapuri. Il paesaggio è un susseguirsi di campi coltivati a cotone di risaie. Lo stupa è là, proprio in mezzo alle coltivazioni di riso, raggiungibile a piedi o in trattore. E’ sui trattori predisposti dagli organizzatori che trasbordiamo per raggiungerlo. Il luogo è suggestivo e lo stupa  imponente e isolato. Gli fa compagnia un enorme Bodhi Tree, una varietà di ficus religiosa dalle foglie a forma di cuore considerato sacro dai buddhisti perché sotto i suoi rami il principe Siddharta a Bodh Gaya, duemilacinquecento anni fa, ebbe l’illuminazione e divenne il grande Buddha.

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Bodh Gaya l’albero sacro

Rientro alla base: Hyderabad

Dalla capitale del Telangana eravamo partiti e a Hyderabad rientriamo. Il caos della città, l’incessante rumore dei motori di auto, camion e motorini, le strade strapiene di gente ci sorprendono, dopo quattro giorni trascorsi su e giù per le strade delle campagne e dei paesi che abbiamo attraversato nel corso del nostro itinerario. Ma in tanto caos c’è nel cuore della città un’oasi di pace. E’ il grande lago artificiale l’Hussain Sagar Lake costruito nel 1562, che divide Hyderabad dalla vicina città di Secunderabad. E’ il luogo prediletto degli abitanti della città che lo attraversano a bordo delle numerose imbarcazioni attraccate al molo, per raggiungere l’isolotto al centro del lago sul quale si erge imponente una statua del Buddha di 18 metri. Alla sua realizzazione hanno contribuito duecento scultori che hanno scolpito 450 tonnellate di granito bianco.

Ma il monumento più importante, il più fotografato di giorno e di notte, il più presente sulle gallery di Google è il Char Minar, un arco imponente con quattro minareti, costruito nel 1591 da Mohammed Qutb Shah capostipite dell’omonima potente dinastia musulmana. Non abbiamo tempo per salire i 150 gradini per vedere la città dall’alto, l’aereo che ci riporta a casa non aspetta, ma i pensieri, nati visitando il tempio indù di Warangal, gli stupa e il Char Minar ci accompagnano fino al decollo.

L’India è una vertigine che continuamente sorprende: Indù, Buddhisti, Mulsulmani, regni, dominatori, invasori e signori locali, altre fedi arrivate da fuori. I segni lasciati da ciascuno sono l’uno di fianco agli altri, a dimostrazione che per l’India non valgono le categorie occidentali, si convive in maniera diversa, perché culture e religioni qui semplicemente convivono e nessuno ragiona in termini di integrazione. Ci sono state guerre e scontri feroci tra fedeli di religioni diverse, anche qui c’è una cultura dominante, ma si avverte che lo stare insieme pur tra mille differenze è un dato profondo, capace finora di mettere limiti e condizionare verso la convivenza anche i signori del momento. In India tutto si tiene, tutto convive, tra periodi di pace e tempi di conflitti, ma tutto rimane, nulla scompare, nessuno è in esilio per sempre dal proprio Paese. Pensieri, questi, scambiati tra passeggeri stanchi alla fine di un viaggio faticoso. Ma un fondo di verità c’è in queste impressioni, una scheggia o forse una illuminazione, come direbbe il Buddha, che fa parte del fascino unico di questo paese, dove ogni viaggio finisce con il desiderio di quello successivo.