Inizia da Hyderabad, la capitale del Telangana, il ventinovesimo nuovo stato nel sud est dell’India, un viaggio di quattro giorni e quasi mille chilometri per scoprire uno dei circuiti buddhisti che il governo centrale dell’India ha realizzato o sta realizzando in tutto il Paese per promuovere il turismo religioso nei luoghi dove il buddhismo è nato, cinquecento anni prima di Cristo, per poi diffondersi in tutto il mondo.
Il nuovo Stato
Il Telangana, composto da dieci distretti sul plateau del Deccan, è divenuta una entità geografica e politica autonoma dal 2 giugno 2014, al termine di un lungo contenzioso alimentato dai movimenti separatisti con lo stato dell’Andhra Pradesh, al quale era annesso dal 1956. La ricca Hyderabad, quinta città più importante di tutta l’India per numero di abitanti e dinamismo economico, ancora per dieci anni sarà la capitale di due stati poi lo sarà solo del Telangana. Il più giovane stato dell’India, a maggioranza etnica telugu, rivendica una storia lunga duemilacinquecento anni, con importanti siti archeologici, stupe e fortezze, palazzi e moschee che testimoniano la presenza di antichi insediamenti umani di questa regione. La tabella di marcia messa a punto da Telangana Tourism, l’ente del turismo del nuovo stato, è fitta non solo di chilometri da precorrere lungo strade trafficate, per fortuna in buono stato, ma anche di tanti luoghi da visitare.
Il Conclave internazionale Buddhista
Siamo arrivati fin qui da Delhi, dove abbiamo partecipato al quinto Conclave Internazionale Buddhista organizzato dal Governo indiano in collaborazione con gli stati dell’Uttar Pradesh e del Bihar, che conservano i più importanti luoghi sacri del buddhismo,Varanasi, Sarnath e Bodh Gaya.
L’invito al Conclave da parte del Governo indiano è stato accolto da trecento partecipanti, arrivati da tutto il mondo, e da trentanove delegazioni rappresentate dalle massime autorità buddhiste dei paesi dove il buddhismo si è diffuso e propagato nel corso della sua storia plurimillenaria. L’obiettivo dichiarato dalle autorità indiane che hanno organizzato il conclave è stata la promozione della pace e dei valori della solidarietà e fratellanza, realizzabili anche nella forma della protezione e sostegno del turismo religioso nei luoghi sacri del buddhismo, attraverso la realizzazione di una rete di circuiti buddhisti sia in India che nei paesi dell’Asia del nord e del sud. Dietro queste intenzioni specifiche e facilmente condivisibili, però, l’impegno del Governo indiano nei confronti del buddhismo sottende ad una più complessa operazione politica, che qualche osservatore non ha esitato a definire “diplomazia del buddhismo”. Il primo ministro indiano Narendra Modi, nazionalista indù leader del partito Bjp, ritenuto troppo nazionalista ed estremista dalle minoranze che si sentono minacciate dal suo stile troppo dispotico, ha fatto proprie le iniziative della minoranza buddhista – appena lo 0,8% della popolazione indiana contro l’80% rappresentato dagli induisti – per accreditarsi come custode del patrimonio culturale del buddhismo in India e interlocutore delle comunità buddhiste nel mondo. Con questa chiave si possono leggere la recente visita di Modi ad Hanoi, per definire un programma di borse di studio per giovani vietnamiti buddhisti per lo studio del sanscrito negli istituti indiani, come anche i progetti di collaborazione con la Cina, paese amico e nemico, per lo studio del sito archeologico di Sarnath con un progetto appena avviato che si protrarrà fino al 2020.
« Siamo due grandi Paesi vicini di casa – da detto Modi in una recente dichiarazione alla stampa – con una lunga storia di legami culturali ed economici. Indagare la diffusione del buddhismo nei rispettivi paesi ci permette di trovare punti di vista comuni».
E il viaggio comincia…