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Una settimana alla scoperta del Vietnam, partendo dalla capitale Hanoi verso il nord del Paese. Questo il viaggio raccontato da Angelo Pittro, firma di Lonely Planet che ha realizzato un tour esclusivo con Asiatica Travel.

Uno sguardo su Hanoi

Appena atterrati nello scintillante aeroporto di Hanoi (Noi Bai), appare chiaro che la tigre asiatica ha affilato i suoi artigli e corre veloce verso la modernità. Una nuovissima strada a scorrimento veloce lo collega con il centro della capitale del Paese e tra gli sciami di motorini, icona di questa metropoli, la novità sono le auto di grossa cilindrata che testimoniano l’affermarsi di una classe di nuovi ricchi. Per farsi un’idea delle dimensioni odierne di Hanoi e del suo frenetico sviluppo, vi consigliamo di concedervi subito un drink sulla terrazza in cima al Lotte Center (vi costerà intorno ai 5 dollari), il grattacielo costruito nel 2014. Da qui emerge il profilo di una capitale moderna e frenetica, dove le uniche oasi di pace sono le acque del fiume rosso e i numerosi laghi che la punteggiano.Ma è scendendo in strada che l’apparenza cede il passo alla realtà e si rivela l’anima contraddittoria di questo luogo, nascosta tra le strette vie del quartiere vecchio e i boulevard del quartiere francese.

Il quartiere vecchio

A un primo sguardo, il quartiere vecchio risulta meno poetico del suo nome. Il caos dei vicoli ha un effetto spiazzante, si respira una vitalità travolgente che non somiglia per nulla a quella delle grandi metropoli asettiche, ordinate e domate a cui siamo abituati, in Asia come in occidente. Ogni centimetro disponibile è occupato da qualcosa o qualcuno. Il centro delle strade è affollato da auto e biciclette, motorini e ciclorisciò, (un giro in cyclò è indispensabile, ricordatevi però di contrattare il prezzo prima di partire). Ma sono i marciapiedi a rinnegare il loro stesso nome: questi spazi a bordo strada, resi del tutto inadatti a “marciare a piedi” sono posteggio di motorini, merci di ogni tipo disposte in perfetto disordine che si alternano a pentole fumanti dove, probabilmente, cuoce il miglior Pho (la zuppa vietnamita per eccellenza) che si possa immaginare, mentre turisti beatamente spaesati procedono a zigzag, indecisi tra aggirare le merci o arrischiarsi verso la strada. Le persone del posto sono pacificamente sprofondate su piccoli sgabelli di plastica blu e osservano il via vai chiacchierando tra loro, un parrucchiere taglia i capelli accanto a un meccanico che smonta un motore. Quando l’occhio si sarà abituato a questo infinito carnevale, potrete provare ad alzare lo sguardo sugli edifici circostanti che non sembrano nulla di speciale, nascosti da attività commerciali convenzionali, hotel a buon prezzo, bar e piccoli ristoranti. Ma oltre la barriera costituita da sproporzionate insegne luminose e inquietanti fasci di cavi elettrici sospesi a mezz’aria, scoprirete le architetture coloniali: piccole terrazze delimitate da inferriate in stile floreale, finestre socchiuse da battenti in legno e la dominante del giallo sulle strette facciate. Chi ha la fortuna di entrare in una casa privata, scopre che gli appartamenti si sviluppano su più livelli, collegati tra loro da scale strettissime e ingombre di oggetti. Per accedervi, dovrete percorrere corridoi lunghi e stretti e un’intricata, indescrivibile rete di stanze e locali dove si alternano magazzini e camere da letto, tinelli, salotti e minuscoli cortili senza soluzione di continuità. È la rivelazione di un mondo dove antico e moderno si incontrano creando un insolito modello urbanistico.  Non un triste museo a cielo aperto, allestito, abbellito, ripulito ma il cuore pulsante di una grande città dove finalmente potrete perdervi, felici e contenti. A patto che sappiate ritrovare non tanto voi stessi quanto l’indirizzo del vostro albergo. A proposito: l’hotel dove abbiamo dormito si chiama MK Premier  e vanta un eccellente rapporto qualità/prezzo.