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L’arena di Arles

La tappa a Les Lauves è l’ultima ad Eix-En-Provence, ma prima di concludere questo minitour di tre giorni ci attende un’ultima città. Ancora un breve spostamento in macchina (circa mezzora) e siamo già tra i vicoli di Arles, cittadina  bagnata dal fiume Rodano e porta d’ingresso alle lagune della Camargue (non a caso Arles deriva da Arelate, che significa “Tra le acque”). Questo antichissimo centro abitato di origine celtica-ligure, venne colonizzato dai greci di Marsiglia nel VI secolo a.C., ma solo sotto l’influenza romana conobbe il suo massimo rilievo politico. Con Giulio Cesare, la città divenne un importantissimo porto fluviale, nodo commerciale strategico di tutta la regione. Nel cuore del centro storico spicca così l’arena (I secolo a.C.), il più grande anfiteatro della Gallia e uno dei monumenti romani meglio conservati in Provenza.

Il teatro antico

La sua immediata vicinanza – poche decine di metri – con il teatro antico (75 a.C), rappresenta una rarità, poiché l’arena veniva edificata solitamente in periferia. Ai confini di Arles vi era tuttavia troppa acqua e non si trovò altra collocazione per poggiare le fondamenta che necessitavano di almeno sei metri di profondità.

Arena di Arles

L’Arena in origine fu progettata per ospitare oltre 21 mila persone, oggi invece i posti disponibili sono12 mila. Dove un tempo si tenevano combattimenti tra gladiatori, ora si organizzano spettacoli all’aperto e corride. Anzi, Course camarguaise, per l’esattezza. La differenza? I tori non vengono uccisi, al contrario sono le vere star dell’evento. Vedere per credere i manifesti che ne celebrano i nomi.

i manifesti della Corse camarguaise

Lo scopo dei partecipanti, detti raseteurs, è sottrarre piccole coccarde e laccetti, legate sulle testa e sulle corna dell’animale, senza ovviamente venire colpiti. L’antica anima sanguinaria dell’arena viene rievocata comunque a Pasqua e a settembre, date in cui, secondo una consuetudine introdotta negli anni ’50, la Course camarguaise lascia il posto alle vere e proprie corride spagnole. Alcuni dicono che ha importare la tauromachia fu addirittura Pablo Picasso, assiduo frequentatore di Arles.  Dal pittore andaluso, il collegamento con un altro grandissimo artista è doveroso.

Le cafè Van Gogh

Vincent van Gogh, realizzò qui 200 dipinti e cento altre opere tra acquerelli e disegni. Gli esempi illustri non mancano. Il quadro “Terrazza del caffè la sera”, prende vita nel “Le cafè van Gogh” di Place du Forum, il locale che il maestro olandese raffigurò nella sua celebre tela del 1888.
Il ponte di Langlois (soggetto principale di una serie di quadri dipinti, tra il 1888 e il 1889) affascina ancora con la sua atmosfera bucolica, come se il tempo si fosse fermato.

 

Il ponte di Langlois

A onor del vero, il ponte originale fu sostituito nel 1930 da uno in cemento armato – al fine di garantire il passaggio dei mezzi pesanti -, così nel 1959, l’ ufficio del turismo di Arles decise di collocare un piccolo ponte levatoio in legno, identico a quello dipinto da Van Gogh, in una zona vicina. Il punto non quindi è lo stesso, ma il colpo d’occhio è ugualmente evocativo.

Diventa poi meta obbligatoria la Fondazione Van Gogh, al cui interno sono esposte alcune opere straordinarie del genio di Zundert e, fino a settembre, una rassegna dedicata all’artista Alice Neel.

La storia di Arles, non è solo legata all’Impero romano e alle biografie di grandi pittori, durante il Medioevo fu un centro religioso di primo piano, essendo una delle tappe principali di pellegrinaggio per il cammino di Santiago de Compostela e la Via Francigena. La Chiesa e il Chiostro di St-Trophime (XII secolo d.C.), rappresentano uno dei più alti esempi dell’arte romanica provenzale, con pregevoli sfumature di stile gotico.

I criptoportici

L’impronta romana è molto forte anche laddove non si scorge in superficie. Per visitare i criptoportici è necessario scendere sottoterra e camminare nella penombra. Ancora non è ben chiaro perché i romani costruirono queste imponenti strutture architettoniche, – forse per sostenere la pavimentazione della piazza soprastante o per svolgere il ruolo di cellai e granai -, ma nelle calde estati di Arles una passeggiata tra questi umidi portici è un toccasana.

L’imbarcazione romana rivenuta nel Rodano nel 2010

Ci sono storie che restano nascoste e altre che emergono in superficie. Nel Museo dipartimentale di Arles antica è esposta un’incredibile imbarcazione commerciale del I secolo d.C. in perfetto stato di conservazione. La chiatta, rivenuta nel Rodano nel 2010, è lunga 31 metri e poteva trasportare fino a trenta tonnellate. Non era dotata di vela, ma di un semplice timone. Per risalire il fiume veniva trainata da diversi uomini che con la forza delle loro braccia vincevano l’implacabile corrente del Rodano, dove la storia di Arles si specchia continuamente.